La psicoterapia psicodinamica ha le sue radici nella psicoanalisi: ne riprende diversi concetti, ma con alcune modifiche che le distinguono nettamente. La teoria freudiana ha dato alla psicologia molti concetti chiave, ancora oggi utilizzati: quello principale è sicuramente il concetto di inconscio, ovvero una porzione della nostra esperienza che viene tenuta al di fuori della nostra coscienza. Per Freud, l’inconscio è molto esteso, e quello che arriva alla consapevolezza è molto minore di ciò che rimane nascosto: proprio perché molti eventi importanti vengono relegati nell’inconscio, essi continuano ad influenzarci attraverso canali prestabiliti, come i lapsus e i sogni.
A partire da queste considerazioni, Freud introduce il metodo delle libere associazioni, in cui lascia il paziente parlare liberamente di ciò che gli passa per la testa, in modo tale che avvengano delle associazioni spontanee fra i pensieri. Nasce così il metodo psicoanalitico, con il classico setting del paziente sul lettino e del terapeuta passivo, ovvero che non interviene direttamente durante la seduta.
Alcuni seguaci di Freud, come Rank e Ferenczi, misero in discussione questo metodo, ritenendo che la lunghezza del trattamento fosse eccessiva e che si potesse ridurre grazie a una maggiore attività del terapeuta: è a partire da questo filone di pensiero che si sviluppano le psicoterapie psicodinamiche brevi.
La psicoterapia psicodinamica breve
La teoria: Il triangolo di Malan:
La psicoterapia psicodinamica breve mantiene diversi concetti appartenenti alla psicoanalisi: l’inconscio, i meccanismi di difesa, il sintomo come espressione di un conflitto interno. Tuttavia, viene influenzata anche da altre teorie successive, come la teoria dell’attaccamento di Bowlby o la teoria delle relazioni oggettuali di Klein. Tali spunti teorici vengono rielaborati in una nuova teoria, e particolarmente quella di David Malan, che introduce il concetto cardine della psicoterapia psicodinamica breve, ovvero il triangolo del conflitto.
Malan ritiene che, in una seduta di psicoterapia, il terapeuta debba sempre prestare attenzione a 3 aspetti principali:
– Le difese del paziente;
– L’ansia del paziente;
– Le emozioni e gli impulsi nascosti.
I primi due aspetti sono considerati consci, mentre l’ultimo è inconscio, e lo scopo del terapeuta è proprio ritrovare quell’emozione che, per qualche motivo, la persona non si è concessa di vivere.
I meccanismi di difesa:
Dal momento che quell’emozione è probabilmente rischiosa o dolorosa per la persona, ci saranno degli ostacoli nel suo raggiungimento, ovvero i meccanismi di difesa. Ognuno di noi ne mette in atto alcuni: ad esempio, vi è mai capitato di non ricordare dettagli o grandi porzioni di un evento particolarmente emotivo? Questa si chiama rimozione. Oppure ancora, vi è capitato di volere molto qualcosa ma non ottenerla, e poi convincervi che in fondo non la desideravate così tanto? Questa si chiama razionalizzazione. Questi sistemi entrano in atto per proteggerci da pensieri, conflitti o desideri che ci creano disturbo, ed è perfettamente normale che sia così! In qualche momento della nostra vita, ci saranno stati utili ad evitare un grande dolore, ma a volte rimangono anche quando non sono più necessari, e iniziano così a crearci non pochi problemi.
L’ansia:
Rimuovere i meccanismi di difesa non è semplice: quando una difesa viene toccata, è come se fossimo scoperti. Per questo motivo, spesso smuovere questi meccanismi causa un aumento dell’ansia. L’ansia può manifestarsi attraverso molti canali: tensione fisica, tachicardia, dolori o fastidi allo stomaco, affanno o confusione mentale. Lo psicoterapeuta psicodinamico ha il compito di identificare questi segnali di allarme e regolare l’ansia, in modo da preparare il terreno al lavoro da fare e lasciare che le emozioni emergano spontaneamente.
Emozioni e impulsi nascosti:
Il nodo cruciale della psicoterapia psicodinamica sono proprio le emozioni: rabbia, dolore, vergogna, colpa e molti altri sentimenti inaccettabili che cerchiamo di non provare e di dimenticare continuano ad influenzarci e spesso sono proprio la causa delle nostre sofferenze. Forse c’è stato un momento della vita in cui non ci è stato possibile esprimerle, o forse non eravamo pronti a provarle, e così sono state spedite nell’inconscio in modo tale da non farci soffrire troppo. Lo scopo dello psicoterapeuta e del paziente è quello di tirarle fuori, e di riuscire a guardarle e a provarle insieme, imparando ad essere gentili anche verso le emozioni che non vorremmo sperimentare.
L’attenzione al corpo:
Una caratteristica della psicoterapia psicodinamica breve è l’importanza attribuita al corpo: spesso ci manda molti segnali che non siamo abituati ad ascoltare, ma che ci dicono molto sul nostro stato emotivo e mentale. Quante volte vi è capitato di distruggere fazzoletti con le mani quando eravate arrabbiati? O di sentirvi rigidi e indolenziti in un momento di tensione e di ansia? A volte, siamo così abituati a stare dentro a uno stato emotivo negativo e a vivere le esperienze corporee ad esso associate che non ci rendiamo conto di quanta influenza abbiano su di noi. Uno degli scopi della psicoterapia psicodinamica è quello di portare alla coscienza alcune di queste tendenze corporee, in modo da diventare più consapevoli di quello che proviamo.
Lo psicoterapeuta psicodinamico
Per riassumere il lavoro dello psicoterapeuta psicodinamico, potremmo dire che i suoi obiettivi sono:
- Essere attivo: la partecipazione del terapeuta all’interno delle sedute è un aspetto fondamentale, in quanto grazie ai suoi interventi egli potrà chiarire e mostrare alcuni comportamenti disfunzionali, alcuni meccanismi di difesa che ostacolano la vita del paziente, o aiutare l’altro a gestire l’ansia che può salire durante la seduta. Soprattutto, l’attività del terapeuta aiuterà a costruire una buona relazione terapeutica, uno spazio in cui il paziente può sentirsi al sicuro di essere se stesso, di esprimersi senza giudizio: uno dei principali motori del cambiamento è infatti proprio la relazione.
- Ripercorrere la storia del paziente: alcuni comportamenti e sentimenti hanno un’origine antica nella nostra storia. Le cause dei nostri problemi possono risalire alla nostra infanzia, ad eventi specifici che hanno avuto un grande impatto su di noi, o al metodo di educazione con cui siamo cresciuti. Ciò che si apprende da bambini tende a fare radici, le quali però non sono impossibili da estirpare: ci sono fasi della vita in cui non siamo pronti ad affrontare alcune situazioni, che potrebbero risucchiarci come cicloni. In momenti può adeguati, in cui abbiamo strumenti in più da poter utilizzare, guardarci indietro può guarire antiche ferite.
- Portare l’inconscio alla coscienza: come già emerso in paragrafi precedenti, ciò di cui non siamo consapevoli continua ad avere un controllo su di noi, ma difficilmente noi riusciremo ad averlo finché non lo riportiamo alla coscienza. Vivere le esperienze lasciate a metà, lasciarsi andare ad emozioni e pensieri che sono troppo difficili da affrontare da soli, può essere più semplice se fatto in due, in un ambiente in cui terapeuta e paziente sono alleati e riescono a guardare le situazioni dalla giusta distanza.
Gli obiettivi della psicoterapia dinamica breve
A partire dalle considerazioni fatte fin ora, potremmo riassumere così gli scopi della psicoterapia psicodinamica breve:
Fare esperienza di sentimenti inconsci:
è uno dei requisiti fondamentali del cambiamento, grazie al quale possiamo conoscere pienamente noi stessi e imparare ad essere più gentili anche con le parti di noi che facciamo fatica ad accettare.
Provare e utilizzare completamente le emozioni:
Vivere tutta la gamma delle emozioni, specialmente quelle considerate “negative”, è tutt’altro che semplice. Vi è capitato mai di avere paura di arrabbiarvi perché temevate conseguenze catastrofiche? Oppure di avere paura di mostrarvi tristi davanti agli altri, per timore di essere considerati “deboli”? Queste credenze ci ostacolano dal vivere appieno la vita, anche nei suoi aspetti meno gradevoli, ma provare a modificarle può aiutarci a scoprirci veramente.
Aiutare il paziente a ri-trovarsi:
Ci sono casi in cui i nostri problemi diventano un ostacolo alla nostra realizzazione. A volte non ascoltiamo noi stessi, o mettiamo da parte i nostri desideri per mettere in primo piano quello degli altri: in questo modo, però, diventa difficile capire chi siamo e seguire quello che vorremmo. Lo scopo della psicoterapia è anche e soprattutto questo: aiutare il paziente ad essere creativo e a scoprire se stesso, in tutte le sue sfumature.
Uno strumento utile: il Training Autogeno
Ci sono dei momenti in cui l’ansia diventa difficile da gestire: prima di un esame, davanti a una nuova responsabilità a lavoro, o nell’interazione con le persone. In questi casi, può essere utile applicare una tecnica di rilassamento e distensione veloce ed efficace, ovvero il Training Autogeno.
Cos’è?
Il Training Autogeno (TA) è una tecnica di rilassamento ed autoregolazione ideata da J.H. Schultz. Si basa sull’idea che ogni disequilibrio nella sfera mentale ed emotiva generi un disequilibrio in quella fisica, e viceversa. Secondo il fondatore, i due concetti chiave alla base del TA sono la bionomia e l’autogenia. La bionomia è intesa come uno stato dell’organismo che è coerenti alle leggi della vita, e corrisponde a un benessere e ad un equilibrio sia fisico che mentale. Ci sono alcuni comportamenti che adottiamo che possono essere a-bionomici o anti-bionomici, ovvero che non seguono o che addirittura vanno contro quell’equilibrio: spesso, si tratta dei comportamenti disfunzionali legati alle problematiche che riportiamo nella vita quotidiana. Si può tornare però a questo equilibrio, e lo si può fare tramite l’autogenia, ovvero riportandosi autonomamente ad uno stato che segue le leggi della vita, assumendo quindi un ruolo attivo. Questo è ciò che distingue il TA dall’ipnosi: in quest’ultima, infatti, era necessaria la mediazione del terapeuta, lasciando al paziente un ruolo passivo.
I sei esercizi di base:
Il Training Autogeno può essere svolto in tre posizioni: seduti con la testa appoggiata al muro, seduti nella posizione “a cocchiere”, o supini. Le condizioni fondamentali sono: essere in un ambiente poco rumoroso e poco illuminato, assumere una posizione comoda che eviti tensioni muscolari, indossare abiti comodi e chiudere gli occhi. Bisognerebbe entrare in uno stato di “concentrazione passiva”, in cui si ascolta il proprio corpo senza agire su di esso e senza giudizio. Si può così iniziare con due esercizi preliminari, ovvero:
– La respirazione diaframmatica: Profondi respiri in cui l’inspirazione gonfia l’addome, e l’inspirazione lo sgonfia;
– L’induzione alla calma: Permette di entrare in uno stato mentale tale da accogliere tutte le sensazioni sperimentate durante il TA.
Da questo momento in poi, si può iniziare con i 6 esercizi base, ovvero:
– L’esercizio della pesantezza;
– L’esercizio del calore;
– L’esercizio del cuore;
– L’esercizio del respiro;
– L’esercizio del plesso solare;
– L’esercizio della fronte fresca.
Ogni esercizio viene insegnato dal terapeuta ed allenato per almeno una settimana prima di apprendere l’altro. La pratica dura in totale 15 minuti, e dovrebbe essere svolta con una certa regolarità (tutti i giorni, 2 o 3 volte al giorno) per diventare semplice ed autonoma.
I benefici del Training Autogeno:
Il Training Autogeno ha diversi benefici, ovvero:
- Migliora la gestione dello stress e permette l’autosedazione;
- Permette di recuperare energie fisiche e psichiche;
- Può ridurre la paura del dolore, avendo così anche un effetto ipo- o analgesico;
- Migliorare la regolazione della temperatura corporea;
- Aumentare la capacità di concentrazione e conseguentemente di memoria;
- Aiuta l’introspezione e la presa di coscienza di sé.
Se vuoi saperne di più, leggi il nostro articolo https://www.psicologiasana.it/ansia/il-training-autogeno-per-saperne-di-piu/
Conclusioni
In conclusione, la psicoterapia psicodinamica ricerca nel passato le origini di alcuni comportamenti che sono problematici nel presente, al fine di costruire un futuro più sereno, all’insegna dell’autenticità. Se questo approccio ti interessa o pensi sia quello che fa al caso tuo, non esitare a contattarci!
Bibliografia:
Psicoterapia Dinamica a Breve Termine, Davanloo H. (1980)
Psicoterapia Focale, Balint L., Ornstein P. H., Balint E. (1972)
Scienza e Pratica delle Psicoterapie Brevi, Gabbard O. Glenn (2004)
Manuale di Psicoterapia Analitica Breve, Gilliéron E. (1993)
Psicoterapia Psicodinamica Breve Integrata, Lemgruber V., Junqueira A., Stingel A., Agostini E. (2004)
Dott.ssa Giulia Perito
“Se cambi il tuo modo di guardare le cose, le cose che guardi cambiano.” Wayne Dyer